Crowdsourcing: come funziona e a cosa serve

Che cosa s’intende per Crowdsourcing?

Nell’ambito delle startup si sente sempre più spesso fare riferimento al Crowdsourcing.  Di cosa si tratta? Come per molte nomenclature, il significato alberga nella struttura, dunque proviamo a scomporlo e otterremo:

Crowd: folla

Source: sorgente

Outsourcing: esternalizzazione, ovvero ricorso ad aziende, persone, enti esterni alla struttura della propria impresa, organizzazione o gruppo.

Il termine “folla” potrebbe risultare fuorviante per la sua associazione immediata all’idea di disordine o raggruppamento caotico di individui, mentre lo sviluppo del crowdsourcing ha una formazione ordinata e precisa.

Si tratta quindi di una forma di esternalizzazione che fa appello alla cosiddetta intelligenza collettiva.

Come funziona il Crowdsourcing?

Il compito del crowdsourcing è quello di sfruttare le potenzialità collaborative del web mediante l’invito, da parte di un’azienda, alla progettazione partecipata (intelligenza collettiva) di un nuovo prodotto o servizio, in base alle reali esigenze dei potenziali clienti. Anche l’open source – che riguarda solamente lo sviluppo condiviso di software – utilizza lo stesso principio. Contrariamente all’open source, però, la proprietà del risultato ottenuto rimane nella mani dell’organizzatore dell’iniziativa di crowdsourcing.

Esempi di Crowdsourcing

Facebook: nel 2008 Zuckerberg chiese l’aiuto degli utenti al fine di poter disporre della versione di facebook in quasi 100 lingue.

Wikipedia: si tratta della più grande opera enciclopedica scritta dall’uomo, e la sua applicazione si tinge di crowdsourcing quotidianamente.

Videogiochi e app: sono stati tra i primi a fare appello all’intelligenza collettiva per raccogliere feedback in merito alle beta version e apportare miglioramenti. 

Esempio ormai celeberrimo Moovit, progetto di una startup israeliana cui il crowdsourcing ha permesso di creare un’app che fornisce orari e informazioni del trasporto pubblico sul funzionamento di oltre 3000 città in 102 nazioni.

Le quattro regole di base per una campagna di crowdsourcing

  1. Delineare con precisione la forma del progetto.
  2. Pensare a come presentare il progetto, rendendolo accattivante.
  3. Creare una community attiva e una call to action (sito web con landing page, ad esempio)
  4. Porre l’accento sulle prospettive concrete di business del progetto, di cui gli utenti saranno sempre parte attiva e integrante. 

Differenze tra crowdsourcing e crowdfunding

Entrambi si avvalgono della partecipazione collettiva e possono essere considerati modello di business partecipativo.

La forma del crowdsourcing risiede nella condivisione e organizzazione virtuale di contenuti da parte degli utenti, la “folla” interagisce con un progetto mediante un approccio partecipativo e interattivo. In questo modo la linea di separazione tra creazione e fruizione diventa meno percettibile.

Il crowdfunding, invece, si avvale della partecipazione finanziaria degli utenti. Solitamente si ha un minimum deal (investimento minimo). Ogni piattaforma impone un investimento minimo diverso.

Gli obiettivi di una campagna di crowdfunding possono riguardare iniziative artistiche, aiuti umanitari, attività imprenditoriali innovative. In sintesi, il crowdsourcing si avvale della collaborazione intellettuale degli utenti, mentre il crowdfunding di quella finanziaria.

Crowdsourcing: Consiglio Bonus

Come infondere la fiducia necessaria al raggiungimento dell’apporto degli utenti?

La risposta sta nel cosiddetto incessantismo, che consiste in una visibilità costante nel web: più si è presenti online più aumentano le possibilità di essere conosciuti dai fruitori di internet. È essenziale iniziare a farsi conoscere in maniera quantitativamente significativa.

E ricorda, per convincere qualcuno sulla validità di un tuo progetto devi essere il primo convinto fautore di esso.

"The cost of being wrong is less than the cost of doing nothing"
Seth_Godin_2009
Seth Goding
Imprenditore

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